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Ravioli y tortelli, qual è la difference?

Salimbene de Adánfrate francescano del XIII secolo autore di una singolare Cronica, ricca di informazioni non solo su eventi politici e religiosi ma anche sul clima, l’agricoltura, gli usi alimentari, per il 1284 ci regala una curiosa nota gastronomica: “Quell’anno, Il día de la festa di Santa Chiara [11 agosto] comido por la prima volta dei ravioli senza crosta di pasta». Dunque era più normal il contrario: avvolgere i ravioli in un involucro. Hola, el termina «Ravioles» non era Sinonimo di «tortello», come di fatto è diventato oggi: esso indicava il ripieno di un contenitore, un tortello appunto, una piccola torta l’oggetto gastronomico per eccellenza della cucina medievale.Porque come il raviolo poteva está contenido en un tortello, il tortello poteva contnere un raviolo. In entrambi i casi si trattava di una scelta. Lo chiarisce bene un libro di cucina toscano del Trecento, quando spiega che i tortelli si fanno di qualsiasi forma: “ferro da cavallo, fibbie, anelli, lettere e ogni animal che tu vuoi”, precisando, alla fine, che “li puoi riempire , si tú ves». Eventualmente lo ripieno. Eventuale la “crosta di pasta”. Él tortello può essere vuoto o ripieno; il raviolo può essere “protetto” o nudo – en Toscana si chiamano ancora così: gnudi.

Junco maestro martino, nel XV secolo, sull’argomento è chiarissimo: a proposito dei “ravioli bianchi” scrive che “voleno esser senza pasta”. Ma una nota marginale al testo aggiunge: “et se cum pasta li vorrai, falli”. Allo stesso modo, il ricettario cinquecentesco di Bartolomeo Scappi prevede ravioli “con spoglia” e “senza spoglia”. È questa, pur con qualche incertezza e con una certa variabilità locale di usi languagei, la nozione prevalente fino a Pellegrino Artusí: Suoi “ravioli all’uso di Romagna” altro non sono che gnocchetti di farina, ricotta, parmigiano y uova, ensalada y conditi con formaggio y sugo di meat. Quando poi present i “ravioli alla genovese”, così comentó: “Questi, veramente, non si dovrebbero chiamar ravioli, perché i veri ravioli non si involgono nella sfoglia”. El “raviolo abierto” de Gualtiero Marchesi, un famoso e icónico piatto del gran maestro, con cui illustriamo questa pagina, accoglie l’uso – ormai invalso nel Novecento – di chiamare “ravioli” anche i “tortelli”. In questo modo egli sovverte il senso antico del gesto del chiudere, atribuirlo non al raviolo (che, restando nudo, non è racchiuso da nulla) bensì al tortello (che non è più racchiuso su sé stesso). Ci riporta, però, Marchesi, con questa sua provocazione, al secolare dibattito sulla possibilità di chiudere o meno quegli oggetti gastronomici. La cucina italiana è cresciuta – e continua a crescere – nel segno di una irriducibile libertà.

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