Saltar al contenido

Pasta (secca): da piatto unico un pre-postre nell’alta cucina

Allá pasta seca, di grano duro, è un concetto così italiano che come per la pizza non esiste traduzione. È un emblema della nostra cucina, ma è anche un modo in cui concepiamo il nostro modo di mangiare. Da piatto unico con cui saziarsi all’invenzione dei primi piatti, fino alla ricerca di un nuovo ruolo per il più tradizionale dei cibi italiani. Oggi è fina prima dei postre, ma c’è un motivo valido.

L’unica cucina con un piatto in più: “i primi”

Cuando el cibo sea meno y la dieta meno ricca di quella che oggi possiamo concedarci in buona parte del mondo i pasti erano meno, a volte unici come i piatti che if potevamo servido en mesa. A seconda delle latitudini, delle influenze culturali, del territorio, i popoli hanno sviluppato abitudini alimentari differenti. Da noi pasta, pane, riso e cereali in genere, sazianti e nutrii, sono stati alla base dell’alimentazione popolare per secoli, e se alle tavole nobiliari e borghesi poi seguiva altro, per molti il ​​​​pasto finiva lì. Lo spiega bene Massimo Montanari nel suo Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro (Laterza) in cui scavando nel passato distingue il nostro uso della pasta da quella degli altri popoli del Mediterraneo, ossia l’averla emancipata dal ruolo di contorno, dandogli l’autonomia di una portata. Secoli dopo, quando finalmente tutti si sono potuti permettere di mangiare anche altro, ossia “i secondi”, “i primi” sono diventati un unicum internazionale. El ministro, asciutte o in brodo, como la chiama l’Artusi, che ci hanno reso noti nel mondo como Mangia Maccheroni. Ma nell’alta cucina più recente le cose sono andate diversamente.

La scomparsa della pasta secca

Lo racconta bene Eleonora Cozzella nel suo libro Pasta Revolution (Giunti Editore). En Italia, negli anni Settanta del benessere economico e con l’avvento in Francia della Nouvelle Cuisine, nasce nel Paese la voglia di fondare un’alta ristorazione Italiana contemporanea, e la pasta secca scompare dai menù. Troppo popolare, eco della povertà passata, della cucina casalinga, della fame, la pasta viene eliminata, sacrificata come emblema del passato nella evoluzione slab trattorie ai nuovi restaurante gourmet. La pasta secca, proprio il grano duro che così scorre nel nostro Dna nazionale viene accantonata, e lo è stato per anni (anche recenti) nei grandi ristoranti in nome dei risotti cremosi, o meglio della pasta fresca or ripiena, più pratica anche perché le cotture veloci non rallentano il servizio. ¿Espaguetis? O, peggio, penne y fusilli? Troppo barato por locale che ambisce alla Michelin. Te la puoi fare anche a casa, no? Lo hanno pensato in molti, a Nord e pure a Sud, y la reciente polemica scaturita dalla Pasta in Bianco del Portrait a Milano lo conferma. Per essere “valorizzata” ha bisogno di condimenti importanti e costosi, altrimenti suona ancora oggi come un affronto. Insieme alla pizza deve restare cibo popolare.

Il ritorno attraverso la sperimentazione (e la provocazione)

E dire che nel 2000 Gualtiero Marchesi è stato il primo a riportare in auge la pasta en blanco Proprio come provocazione, rendendo il piatto pieno e nutriente per definizione un esercizio di stile, minimal, anche nella porzione: quattro cucchiai con quattro formati, conditi solo con un filo d’olio. Per una ventina d’anni almeno però nei ristornati la si è vista poco, tranne qualche eccezione campana: gli Iaccarino al Don Alfonso, Gennarino Esposito alla Torre del Saracino e Antonino Cannavacciuolo. Poi Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani e pastaio lui stesso, ha investito in un processo di “debanalizzazione” de la pasta, lavorando insieme al genio de Davide Scabin y con congresos a tema insieme a Identità Golose. Ed ecco che finalmente gli chef nostrani hanno ricominciato a esercitare la propria creatività, inventando qualcosa di deepamente nuovo da a material prima sottovalutata. Se molte tendenze culinarie che conosciamo sono reache dall’estero, the ricerca sui “primi” è deep original, Italiana al 100% . “Solo en 2009 se mi fossi se presenta en San Sebastián con della pasta avrei fatto la figura dell’emigrante con la valigia di cartone. E invece ora…» con raccontato Davide Scabin nel 2017 sul palco di Identità di Pasta. Ebbene sí, perché anche nel congreso più prestigiosa della gastronomia mondial, the pasta era vissuta come nel resto del mondo: un cibo etnico, che riportava la cuisine italiana indietro al punto di partenza: quello delle trattorie. Scotta, in pentola a pressione, a fuoco gastado, la pasta è stato l’ingrediente su cui ha lavorato lo chef-inventore-visionario negli anni del Combal.Zero, il suo ristorante di Rivoli, la pasta l’aveva guardata da ogni punto di vista, resa liquida, croccante, impasto modellabile. Esperimenti, tecniche, ma soprattuto pensieri, che hanno spostato l’idea che si aveva della pasta nella mente dei colleghi. Grazie a una nuova forma, la pasta poteva per la prima volta anche muoversi all’interno del menù, liberandosi della posizione di “primo” per receivere ovunque.

Pan y pasta, diventano secondi

Saziante, anche troppo, i carboidrati hanno perso il ruolo nutritivo del passato all’intero dei pasti, soprattutto quando si parla di cene al ristorante con menù degustazioni, lunghissimi, in cui si susseguono decine di portate. Las porzioni saranno anche mini, come ironizzano alcuni, ma sono tante e sfidano anche gli stomaci più capienti. Non solo non si esce con la fame, si rischia di nonarrivere in fondo, ed ecco che il pane and la pasta scompaiono slab prime portate per retrocedere ever più in fondo, quando la fame è oramai sopita da verdure e proteine. Scelta alimentare salutare anche a casa – come ci ha spiegato marco deangelis, medico specializzato in Medicina dello Sport – che consiglia proprio di invertire l’ordine delle portate, anticipando le verdure e lasciando i cereali alla fine. Come fanno alle loro tavole molti chef stellati.

Pasta como pre-postre, così

Giuseppe Iannotti, chef con estrella Michelin en el restaurante Kresios en Telese Terme, en la profunda periferia de Benevento. Da lui menù a sorpresa è un susseguirsi di 30 bocconi e piccole portate, una dopo l’altra, sino al momento dei postre. Ed è lì che da sette anni seeno i primi, i suoi signature come gli spaghetti allo scoglio (rossi e senza alcuna traccia visible di pesce) e poi la pastina con il formaggino (infantile solo nella presentazione e di grande difficoltà tecnica). «C’è una motivación fisiológica y una psicológica» mi spiega. “Curiamo molto l’esperienza e con una sequenza lunga di portate devi mantenere l’ospite coinvolto e divertito. Quindi serve ritmo, perché appena smetti di masticare cominci a digerire, ragiono il menù con un susseguirsi di oscillazioni di gusto e sposto i carboidrati alla fine, perché creano sonnolenza». E poi c’è l’aspetto psicologico. “Il mio è un percorso al buio, ti stupisce, ma la pasta segnerebbe una linea di demarcazione fra antipasti e secondi, romperebbe la tensione, mi riporta a una dimensione temporale”. E invece nel menù gli spaghetti allo scoglio ei fagottini ripieni di faraona arrosto uniscono al comfort del carboidrato anche una spinta di gusto, prima della pastina. Confortable, golosa, che nulla a che vedere con la memoria infantil di dado e formaggino se non la ciotola con Minnie o Topolino. Più o meno la venticinquesima portata o giù di lì, acompaña da polemiche anche in questo caso su siti come Fanpage. Iannotti non è il solo però. Ad esempio Massimo Bottura con servito in un recente menù Immagine e somiglianza, un aparente spaghetto al pomodoro, proprio prima della conclusione dolce; Gianluca Gorini servir il suo Spaghetto amaro alla genziana en una sola forchettata, como postre previo; e l’ultimo comunicato stampa ricevuto sul tema è llegada dalla Locanda Ca’ del Moro del Ca’ del Moro Wine Retreat donde el chef Giuseppe Lamanna no sirve uno alla ‘nduja (e clementine). Segno che la pasta ha ancora molto da dire in termini gastronomici, e da far added.

A %d blogueros les gusta esto: