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Lo chef del Taillevent di Parigi

Conoscevo quella vía? Si seguro. E quell’insegna? Sì, certo, quale buongustaio non conosce l’ingresso di El Taillevent, uno dei templi della grande ristorazione parigina? Però era anche parecchio che non ci venivo perché quello splendore si era ofuscato negli ultimi tempi a causa di una successione veloce e poco fortunata di chef. Ma a settembre, dopo la chiusura per il Covid, le sue porte hanno riaperto con una clamorosa novità. Ed è esattamente questa la ragione per cui oggi mi trovo qui. Al timone delle sue cucine, per far rinascere il celebrato “Taillevent style”, es un italiano. Vale a dire un italiano en una istituzione parigina, nella città dove non ce l’hanno fatta born Angelo Paracucchi della Locanda dell’Angelo ad Ameglia born a Gualtiero Marchesi all’apice del successo. si chiama Giuliano Sperandio39 años, de Diano Marina.

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Il luogo è immutato nel tranquillo splendore del palazzo che apparteneva al duca di Mornay e che dal 1950 ospita il ristorante: la grande scala a spiral che dall’ingresso conduce al piano di sopra, riservato ai pranzi intimi e, a destra, la doppia sala da pranzo con la bionda boiserie, la alfombra, i tavoli, i divanetti, el poltroncine. E, de repente, entrando, en una teca illuminata, le bottiglie delle etichette più prestigiosase espressamente dedica un Taillevent, primo annuncio della celebrity cantina che contiene 2800 referenze et 36mi la bottiglie, ritenuta addirittura superiore a quella della Tour d’Argent. Ma per gli appassionati ei curiosi del vino, non c’è bisogno di venuse qui. Perché le stesse bottiglie possono essere acquistate in Faubourg St. Honoré en Les Caves de Taillevent, lì vicino. O, por acompañamiento a buoni bocconi, a Les 110, a bolsillo decine di metri. Seduta nella mia banco, assorbo lusso sussurrato, benessere, attesa. L’offerta è scandita su due pagine. Da una parte la carta, dall’altra i menù. Le portate sono undici, più cinque dolci. Ed è la prima sorpresa per chi si aspettava un cart all’incirca come quella descritta dal gourmet itinerante Maurice von Greenfields negli anni Ottanta «dall’aspetto e dal content imponenti, lunga quasi un metro». Stessa sorpresa, anzi di più, leggendo i due menù Heritage Taillevent y Geste de Taillevent. Ciascuno è puntigliosamente spiegato, di “quattro portate”, che sembrano davvero poche rispetto alle otto-dieci a cui ci hanno abituato i menù degustazione (per esempio, sono diciannove que attuali di René Redzepi a Copenhagen). Ma per capire bisogna aspettare. Intanto ho ordinato: il “Foie Gras, rizado con cavolo, pera, anguilla affumicata, ramolaccio, vinacce, coriandolo”; la ‘Sogliola, con cardi, salsa olandesa, crostacei y frutti di mare’; el ‘Agnello con torta de pasta sfoglia, finferli, tartufo nero, maggiorana e noce moscata’; es “Mont Blanc con lichi, pompelmo e browni”.

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Ed ecco il cuoco. È alto, tranquillo, giovane, bello, sorridente come sono oggi i migliori della nuova generazione. La prima curiosità è sapere come sia approdato a questa mitica cucina.

“Mi hanno chiamato per un colloquio i proprietari che hanno anche altri locali, senza specificare. Ma speravo, caña posada quando sono llegó a París nel 2006 ci passavo davanti tutte le mattine con timore reverenziale. Così ho preparato un piccolo scritto sul Taillevent del passato, quello del presente e quello del futuro secondo me”.

È come vedersi davanti un mito e un mostro: venti persone in cucina, tredici in sala, una cinquantina di coperti, in pratica un addetto ogni due ospiti. Da che parte lo si affra?

“Dall’anima. Il Taillevent non era célebre per il suo cuoco, come nel caso di Paul Bocuse en Collonges; Era inimitable posado sobre su proprietario Jean-Claude Vrinat será un maestro del saber hacer, como Sirio Maccioni en Nueva York. Io ho pensato a un ristorante che rimettesse in luce quell’accoglienza unendola a una cucina nuova ma che echeggiasse il legame col passato».

Allora, per capirsi, qual è il piatto bandiera di questa filosofia?

“La “Animelle arrosto laccate, con foglia di shiso, acciughe e carciofi su una salsa di vitello profumata con aceto e spezie”; una portata che riassume una cucina che vuole continuare ad assomigliare solo a sé stessa, con una personalità spiccata ma non prepotente”.

Ecco finalmente un cuoco che non ha paura di celebrare il lusso elaborato che ha fatto
grande – in quanto straordinariamente buona – la cucina francese e il Taillevent.

«Encaramado», aclaró el chef, «è quello che il cliente vuol trovare qui e che io adoro». E ha ragione: en un mezzogiorno normal, la sala è completa: parigini regular, curiosi gourmet, uomini d’affari, donne eleganti. Le stesse che indossano il nuovo stile Chanel, contemporaneo eppure riconoscibile, lontano dagli eccessi e dai colpi di scena.

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Intanto in sala si svolge Le Geste Taillevent. Ogni piatto è iniziato o finito al tavolo: a play alla quale, forse, solo qui si può di nuovo assiste, dato che nessuno sa più scalcare una pernice, tranciare un’aragosta, flambare the crêpe Suzette. Domino al lavoro sono uno spettacolo cotinuo a cui si aggiunge una fitta di passaggi per gli acompañamiento, la salse, i fondi. Nessuna improvvisazione: le probe generali di questa scenografia Sperandio le aveva messe a punto nei sei anni passati a el clarenceil rarefatto ristorante parigino all’interno dell’mansión dillondi cui ha seguido la ristrutturazione che lo ha riportato all’antico splendore.

Tutto molto grandeur inglese per cui viene da chiedersi se in qualche angolo della sua cucina ci sia un ricordo delle colline intorno a Diano Marina dove Sperandio è nato e dove ogni tanto ritorna. Ma: “Non ho ricordi gustativi della mia infanzia. Ho dei punti fermi: molte verdure, poco sale, grandi prodotti. Poi l’improvvisazione si installa sulle culture che ho assorbito viaggiando e lavorando in Grecia, Kazakistan, Svizzera, Giappone, fino all’approdo a Parigi». E a casa dove lo aspettano la moglie argentina ei suoi due bambini, chi cucina? “Lascio le redini a lei: vegetación, quinoa, riso. Per riposare lo estómago, il cervello e l’anima».