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I Promessi Sposi: a tavola e in cucina, dal cavolo ai capponi

La carne la si vedeva poco, e chi aveva qualche volatile nel cortile lo conservava per i giorni di festa, o ne faceva dono alle persone importanti, come il medico o l’avvocato. È il caso dei capponi che Agnese manda in dono all’Azzecca-garbugli: “¡Pigliate quei quattro capponi, poveretti! a cui dovevo tirare il collo, per il banchetto di domenica, e portateglieli; perché non bisogna mai andar con le mani vote da que’ signori». Cappone per i signori di rango, per i giorni di festa o per gli ammalati: così Lucia, dopo tanto patire, viene accolta nella casa del sarto, a Milano, e ristorata dalla padrona di casa: “Presto presto, rimettendo stipa sotto un calderotto , dove notava un buon cappone, fece alzare il bollore al brodo, e riempitane una scodella già guarnita di fette di pane, poté finalmente presentarla a Lucia. E nel vedere la poverina a riaversi a ogni cucchiaiata, si congratulava ad alta voce con se stessa”.

Panel blanco y brodo di polloa toccasana per gli ammalati, somministrato all’epoca as una vera e propria medicina, capace di far recuperare le forze anche ai più deboli, soprattutto se servita, come in questo caso, in un clima di gentilezza e di serenity familiar.

Tolti questi episodi, la carne è prerogativa delle osterie: come quello estufato Che Renzo consumido all’Osteria della Luna Pienaacompañado de un bicchier di vino y por el cual pane che lui stesso ha raccolto in strada, e che con realismo riflette l’abitudine degli osti ad avere un piatto semper pronto, da poter servie in qualsiasi momento agli avventori.

Altra osteria, altra carne: polpette, consumate da Renzo prima del tentato matrimonio a sorpresa. Reed in questo caso si tratta di un piatto tipicamente da taverna, preparado con avanzi di carne, ever pronto per essere servito: probabilimente sono i classici mondeghili preparati con rimasugli di bollito o di arrosto.

Prometo Sposi. Litografía. Centro Nazionale Di Studi Manzoniani (ph Marka/Universal Images Group vía Getty Images)

Il bene e il male nel piatto

Non va poi dimenticato il valore simbolico del cibo legato alla carità: quello esemplificato dal racconto del miracolo delle noci di Fray Galdino, che nella sua semplicità rende tutta l’importanza del donare anche poco: “E si faceva tant’olio, che ogni povero veniva a priterne, secondo il suo bisogno; perché noi siam come il mare, cher riceve acqua da tutte le parti, e la torna a distribuire a tutti i fiumi». E ancora quello portato dai preti, in rispetto alla volontà del cardenal Federigo, nel quadro della peste: “Agli affamati dispensavano minestra, óvulos, pan, vino; ad altri, estenuati da più antico digiuno, porgevano consumati, stillati, vino più generoso, riavendoli prima, se faceva di bisogno, con cose spiritose. Insieme, distribuivano vesti alle nudità più sconce e più dolorose”.

A quadro che stride dramaticly con le scene di gozzoviglia viste nei palazzi dei nobili: il bancetto a casa di don rodrigo è forse il quadro che più si avvicina all’opulenza della nostra società, dove il cibo non manca mai ma proprio per questo troppo pesso loses ogni valore e ogni significato.